Pianificazione patrimoniale
- On 13 luglio 2022
Le donazioni d’azienda nelle società familiari.
Una vita dedicata al lavoro, nella speranza di lasciare un futuro migliore alla tua famiglia.
Ma quali sono le opzioni di pianificazione patrimoniale, se vuoi mantenere il controllo sul proseguimento dell’attività e nel contempo rispettare la normativa nel quantificare il corretto lascito ai tuoi discendenti?
Nella successione generazionale delle società familiari, uno degli strumenti che possono essere utilizzati dall’imprenditore per pianificare la prosecuzione della sua attività dopo la morte è la donazione dell’usufrutto (o della nuda proprietà) dell’azienda (oppure della partecipazione di controllo nella società) ai figli.
Sotto il profilo imprenditoriale, tale operazione consente all’imprenditore donante di garantirsi il controllo sulla continuità nel proseguimento dell’attività imprenditoriale da parte del donatario. Inoltre, fino al momento in cui il donante rimane in vita, non è richiesto il consenso dei legittimari alla donazione e nemmeno l’eventuale loro rinuncia alla loro quota di legittima.
Lo strumento di pianificazione patrimoniale si può configurare in due distinte fattispecie:
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usufrutto attribuito al figlio e la nuda proprietà riservata al genitore-imprenditore;
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usufrutto al genitore imprenditore con la nuda proprietà riservata al figlio.
Usufrutto ai figli e nuda proprietà al padre imprenditore
Nel primo caso (usufrutto al figlio con nuda proprietà al genitore-imprenditore), il discendente ha la possibilità di entrare subito in contatto con la gestione dell’impresa, avvalendosi dei consigli del padre-imprenditore, il quale mantiene la nuda proprietà dell’impresa.
Tale soluzione è consigliata particolarmente nelle imprese familiari connotate da un’organizzazione incentrata principalmente sul genitore, senza una reale partecipazione dei figli alle decisioni aziendali. Sovente, in tali imprese, manca un’organizzazione del lavoro, con chiari organigrammi e definizioni di funzioni tra i collaboratori, tanto da determinare, in caso di morte dell’imprenditore, un vuoto gestionale difficilmente colmabile senza un’anticipata (ed accurata) pianificazione successoria.
Con la costituzione dell’usufrutto (d’azienda o di quote della società) si realizzano così le finalità tipiche del passaggio generazionale:
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gradualità nella successione aziendale;
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assicurare al figlio di conoscere e sperimentare gli aspetti organizzativi dell’impresa.
Usufrutto al genitore imprenditore e nuda proprietà al figlio
Il secondo caso riguarda invece l’ipotesi inversa, ovvero la costituzione dell’usufrutto al padre-imprenditore lasciando al figlio la nuda proprietà dell’azienda.
Con questa soluzione il genitore continuerà a gestire la società fino alla morte o comunque fino alla data che sarà fissata nell’atto di costituzione dell’usufrutto, ed il figlio acquisterà la piena proprietà dell’azienda (o della partecipazione di controllo della società) solo dopo tale data.
Tale assetto espone il figlio ai rischi ed alle responsabilità della gestione della società di famiglia senza potersi avvalere dell’esperienza del padre mentre quest’ultimo è ancora in vita.
Per questo motivo, questa soluzione è adatta alle situazioni in cui il figlio ha maturato già una esperienza aziendale, assumendo magari ruoli operativi od anche manageriali. Tipicamente, si tratta, in questo caso, di imprese che sono dotate di una struttura aziendale e che si avvalgono di strumenti di controllo di gestione. La morte dell’imprenditore non comporta, quindi, un vuoto gestionale, perché la società è appunto dotata di una sufficiente organizzazione che sopravvive all’imprenditore.
Donazione con riserva dell’usufrutto
Sempre nella prospettiva della successione generazionale, un’ulteriore alternativa è rappresentata dalla donazione disgiunta ai figli dell’usufrutto e della nuda proprietà.
Tale figura – nota anche come donazione con riserva dell’usufrutto – è disciplinata dall’art. 796 c.c.. Come visto, la donazione consente al genitore di pianificare la successione trasferendo ai figli la nuda proprietà dell’azienda riservandosi contemporaneamente il controllo della gestione con l’usufrutto della medesima azienda.
In astratto, la donazione potrebbe però presentarsi con una forma ancora differente; si pensi infatti al caso in cui il padre-imprenditore decida di dismettere in vita la proprietà e la gestione dell’azienda attribuendo l’usufrutto ad un figlio e la nuda proprietà all’altro figlio.
Tale operazione trova però un limite nell’art. 796 c.c., che consente di raggiungere tale risultato soltanto ove il disponente riservi l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui ad un’altra persona o più persone, ma non successivamente.
Più precisamente, la norma stabilisce il divieto per il disponente di attribuire simultaneamente usufrutto e nuda proprietà di un medesimo bene a due diversi soggetti. Parimenti, la norma esclude anche la possibilità di una pianificazione patrimoniale successiva perché per quanto consente al disponente/usufruttuario di trasferire “dopo di lui” l’usufrutto a più persone non consente, però, un trasferimento successivo.
Ulteriore questione attiene alla stima del valore dell’azienda oggetto di donazione a fini fiscali. In proposito, la Cassazione ha affermato che il valore del bene donato al nudo proprietario deve essere calcolato con riferimento al momento della donazione «con depurazione del valore dell’usufrutto calcolato facendo riferimento all’età del più giovane dei beneficiari di tale diritto, cioè di colui che, prevedibilmente, morirà dopo il più anziano ritardando a tale data il consolidamento della piena proprietà» (Cass., 20.01.2011, n. 1217).
Esempio di donazione disgiunta ai figli
Venendo infine ad un’applicazione pratica di tale strumento, si consideri il seguente caso.
Il sig. Andrea è titolare del 100% della quota di una s.r.l., ha una moglie Giulia e due figli, Luca e Massimo, entrambi maggiorenni. Andrea desidera lasciare l’azienda a Luca senza però ledere la quota di legittima dell’altro figlio Massimo.
Il padre Andrea potrebbe donare la nuda proprietà del 70% delle quote della s.r.l. al figlio Luca ed il rimanente 30% a Massimo. In questo modo, alla morte di Andrea, Luca acquisterà il controllo della società, pari al 70% delle quote, lasciando al fratello soltanto una quota di minoranza, pari al 30%. Luca potrà quindi gestire la società, disponendo della maggioranza dei voti in assemblea per nominare gli amministratori.
Tale pianificazione patrimoniale deve però tenere in considerazione i diritti di legittima del figlio Massimo e della moglie Giulia.
A tal fine, il disponente può ricorrere a diverse soluzioni.
Anzitutto, il padre-imprenditore potrà attribuire beni o somme di denaro per pareggiare il valore della quota donata al primo figlio Luca. In alternativa e sempre nella medesima prospettiva di rispetto delle quote di legittima, Andrea potrebbe anche imporre al figlio Luca, con una c.d. donazione “modale” ai sensi dell’art. 793 c.c., di corrispondere all’altro fratello Massimo ed alla madre Giulia beni o denaro.
Si consideri, infine, come tali disposizioni patrimoniali possano essere contenute in un testamento, per la cui redazione, tuttavia, si consiglia di avvalersi di professionisti specializzati per evitare di incorrere in violazioni di legge (in particolare, la citata lesione della quota di legittima), che rischiano di comportare l’invalidità della complessiva operazione di pianificazione successoria.
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