
Truffa dei diamanti / aggiornamento FEB 2019
- On 28 febbraio 2019
Per alcuni erano i risparmi di una vita, altri avevano investito la liquidazione. Sono moltissimi i risparmiatori raggirati. Credevano in un investimento sicuro perché si fidavano del rapporto che avevano con i funzionari di Banca ma le pietre venivano vendute fino al triplo del costo reale.
Fortunatamente, per diverse posizioni si è riusciti a trovare una intesa con la Banca che ha restituito integralmente l’intero capitale investito, ma per altre a seguito del Fallimento nel gennaio 2019 di IDB la strada è ancora in salita.
Infatti entro l’8 marzo 2019 per chi ancora non ha ottenuto il ristoro deve presentare l’istanza di insinuazione al passivo, mentre per chi ha lasciato i diamanti in custodia all’intermediario deve effettuare una domanda di rivendica.
Le Banche coinvolte che vendevano i diamanti delle due società Intermarket Diamond Businnes (IDB) e la Diamond Private Investment (DPI) sono 5: BPM, UNICREDIT, INTESA SAN PAOLO, MPS e BANCA ALETTI.
Queste banche offrivano l’acquisto di diamanti ad un prezzo di 3 volte superiore al valore di listino. Vendevano diamanti assicurando a clienti che sarebbe stato un affare, in realtà, si trattava di prezzi gonfiati e nettamente superiori agli indici internazionali.
Il 19 febbraio 2019 la Guardia di Finanza ha eseguito un sequestro preventivo per oltre 700 milioni di euro a carico delle due società e delle cinque banche citate. I sequestri sono stati eseguiti nell’ambito di un’inchiesta aperta due anni fa dalla procura di Milano per fatti che vanno dal 2012 al 2016.
I reati contestati sono truffa aggravata, autoriciclaggio corruzione tra privati. Indagate circa 70 persone anche Manager e i vertici delle società.
l’Antitrust nel novembre del 2017 ha multato con una sanzione ai 15 milioni di Euro le due società venditrici di diamanti IDB e DPI e quattro istituti di credito italiani che fungevano da intermediari. Si legge nella pronuncia, ha ritenuto “gravemente ingannevoli ed omissive le modalità di offerta dei diamanti”. Le Banche e le Società avevano presentato ricorso al Tar Lazio contro la sentenza ma nel novembre 2018 il Tribunale ha confermato sentenza e sanzioni.
Il canale Bancario attraverso il quale i diamanti sono stati collocati agli ignari clienti trasmetteva agli stessi quella fiducia necessaria che li ha indotti ad acquistare le pietre piuttosto che altri strumenti finanziari più sicuri.
Il personale bancario forniva ampia credibilità e le informazioni contenute nel materiale promozionale, costruito ad hoc per far sognare ampi guadagni al cliente, determinavano scelte che in presenza di una corretta informazione sui rischi mai sarebbero state effettuate.
Se è pur vero che il diamante di per sé non può essere considerato uno strumento finanziario pena l’inapplicabilità delle norme di trasparenza e correttezza sui servizi di investimento, anche se venduto dalla banca, come già chiarito dalla Consob (Comunicazione n. 13038246/2013) la vendita di un bene materiale come i diamanti, può assumere caratteristiche di un offerta di un prodotto finanziario se siano esplicitamente previsti – anche tramite contratti collegati – elementi come, ad esempio, promesse di rendimento, obblighi di riacquisto, realizzazione di profitti ovvero vincoli al godimento del bene. E ciò è quello che è successo nel caso di specie.
OCCHIO AL TERMINE DELL’8 MARZO 2019
Chi ha investito in Diamanti della Società IDB, ora Fallita, si deve necessariamente insinuare al passivo e per chi ha ancora i diamanti depositati presso IDB chiedere la rivendica.
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